Classi ponte contro il diritto all’istruzione

Il dibattito in corso su “classi differenziate per baby stranieri a scuola” è la prova di quanto fondamentalmente lontano sia il punto di vista di chi attualmente ci governa a livello nazionale da chi ancora, per fortuna, fermamente crede in una società solidale capace di includere e rispettare i diritti di tutti, a prescindere dal luogo di nascita, dalla etnia a cui appartiene, dalla propria lingua madre.

Proprio nella scuola, uno dei pochi luoghi in cui ancora si educa al rispetto della Costituzione, dovrebbe entrare un modello che nulla ha a che vedere con i principi fondamentali del diritto per tutti all’istruzione e del diritto a non essere discriminati. Si tratta della mozione leghista approvata dalla Camera di costituire classi separate,definite “ponte”, per ragazzi di famiglie immigrate, di origine “non autoctona”.

Ancora una volta si dà spazio ad un pedagogismo improvvisato, a processi di gravissima semplificazione dei problemi, che, per rincorrere un paradigma securitario, alimentano una pericolosa intolleranza verso il “diverso”, lo “straniero” e danno risposte grossolanamente sbagliate ed inadeguate a questioni complesse che richiederebbero un approfondimento di analisi ed una serie di azioni davvero mirate a risolvere i problemi che indubbiamente possono esistere nel processo di inserimento nella nostra scuola dei figli di migranti.

Fino ad oggi la scuola italiana, pur nelle difficoltà che conosciamo, ha saputo far fronte alla impegnativa presenza sempre più in crescita di ragazzi stranieri, non ha rimosso il problema, non ha chiuso gli occhi. Ha saputo cogliere gli stimoli della pluralizzazione culturale, attrezzandosi sul piano sia culturale sia educativo.

Se davvero il problema che si pretende di risolvere con le classi separate per gli studenti stranieri è la difficoltà della non padronanza dell’italiano, perché non si è deciso di stanziare più risorse per sostenere maggiormente e attivare ulteriori corsi intensivi di apprendimento della lingua italiana ? Perché non si è pensato a istituire regolari percorsi di supporto di apprendimento della lingua italiana come lingua 2, da affiancare all’ordinaria scolarità, senza bisogno di creare muri tra bambini e ragazzi italiani e stranieri? Perché la legge Gelmini ha tagliato i fondi per le scuole di educazione degli adulti nelle quali ogni anno 200.000 stranieri imparano l’italiano?

Un’ultima riflessione: oggi la latente tendenza a voler tutelare prima di tutto se stessi, a non ragionare in un’ottica di inclusione, porta oggi ad una pericolosa forma di “apartheid” per gli studenti immigrati nella scuola di stato, domani riserverà la medesima sorte ai poveri, agli ignoranti, a coloro i quali conoscono più il dialetto che la lingua italiana, ai disabili? Saranno anche loro messi per un po’ in classi separate per raggiungere un livello di competenze tale da non disturbare i più fortunati e meritevoli? Davvero non è questa la scuola che fino ad oggi abbiamo voluto e conosciuto, la scuola pubblica che vogliamo difendere, capace di integrare e offrire pari opportunità a tutti e non solo ai “normodotati” e “di origine autoctona”.

Brunella Lugli, capogruppo Verdi per la Pace Provincia di Ferrara e Barbara Diolaiti, capogruppo Verdi per la Pace Comune di Ferrara

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